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 Il calendario di Cometa di novembre 2012 Dalle nostre parti basta fare due passi, anche senza allontanarsi molto dall' abitato, per vedere grandi uccelli che roteano lentamente in cielo o remigano contro corrente in modo da restare immobili nell’ aria: è molto probabile che siano poiane, i rapaci diurni più diffusi alle quote medio basse delle Alpi. Oltre a vederle, le si sente anche: il loro stridio è inconfondibile, ed è quello che è valso il nome alla specie (il nome latino buteo deriva infatti da un termine greco che significa “uccello che grida intensamente”). 
 Come per molti altri animali, questo predatore (in realtà un po’ pigro, perché caccia preferibilmente in appostamento, restando immobile in cima agli alberi dai quali poi si fionda in picchiata sulla vittima) ha subito per molti anni la predazione dell’ uomo, in particolare in Inghilterra. Sembra che la ragione sia dovuta a un equivoco: poiché la poiana si nutre anche di animali morti, averla vista posata sulla carcassa di qualche grande animale, ha alimentato nel passato la convinzione che fosse capace di catturare selvaggina di grossa taglia, cosa del tutto falsa perché – pur essendo simile a un’ aquila in miniatura, pur avendo un’ apertura alare di oltre un metro - la forza della poiana è sufficiente a sollevare non più di un topo. Il che la rende poco utile, insieme alla sua vocazione non propriamente predatoria, anche ai falconieri, se non a quelli che praticano la falconeria didattica e spettacolare, che considerano la poiana un rapace testardo, resistente, agile e adattabile a tutte le situazioni perfino in spazi ristretti.
 
 Da noi la caccia alle poiane non è mai stata molto praticata, se non dai bracconieri. E’ viceversa vero che ne è stato apprezzato il carattere, come si intende da questa canzone popolare attestata nelle valli piemontesi e lombarde e databile al periodo tra le due guerre mondiali, in cui la stanzialità della poiana viene messa in contrasto con la necessità di emigrare dei lavoratori dell’ epoca (una curiosità: la canzone, con qualche necessaria “italianizzazione” è stata portata a una certa notorietà da Enzo Jannaci negli anni ’70):
 
 La vien giù a robar gaìne
 e la poiana vola in ciel
 e la fa un largo cerchio in ciel.
 La poiana è un falco grande
 delle mie montagne.
 Bestia testarda non se ne vuole andare
 piuttosto crepare.
 
 Son bruciati i boschi e l'erba
 son scappati i conigli e le marmotte
 con il gelo tutte le bestie a fondo valle,
 nelle riserve
 son scappate imprigionate.
 
 Ma la poiana è rimasta qua
 lei non se ne va via di qua
 anche gli uomini se ne vanno
 e di notte treni lunghi li portan via,
 c'è carestia.
 
 In tre anni tutti sono partiti
 in miniera nel Belgio sono andati
 in Germania dentro i cantieri
 in Olanda a far le dighe sul mare
 e in Francia a far gli stuccatori
 in Isvizzera gallerie a scavar…
 
 Settanta della Val Grande
 quaranta della Canobina
 cinquanta del Val Vigezzo
 sessanta della Val di Cogne
 centotrenta della Val Mastallone
 settanta della Val d'Intelvi
 
 Ma la poiana è rimasta qua
 lei non se ne va via di qua
 
 Lei vien giù ha robar gaìne
 e la poiana vola in ciel
 e la fa un largo cerchio in ciel
 Giù si butta in fondo valle,
 sui pollai, gli ovili.
 
 Hai voglia di sparargli addosso coi fucili
 e addosso i cani puoi buttare
 bastonare...
 Ma i pulcini suoi ha da sfamare
 perciò va a rubare
 a rischio di farsi accoppare,
 ha rischiato di farsi accoppare
 ma non l’ha mollato.
 
 La poiana è un falco grande
 delle mie montagne
 bestia testarda non se ne vuole andare
 piuttosto crepare
 bastonare
 farsi accoppare
 ma qualcun altro prima
 lo deve sì
 lo deve sgozzare...
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