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venerdì 27 febbraio 2015

Il calendario di Cometa di marzo 2015:
un uccello che viene da lontano,
nello spazio e nel tempo

La fotografia esposta sul calendario di questo mese, quella di un Ibis Sacro (Threskiornis aethiopicus) colto a becchettare nella piana di Fondotoce ancora traboccante delle piogge dello scorso novembre, ci introduce a un duplice ordine di misteri.

Il primo è un piccolo mistero ambientale: l’ Ibis sacro, un tempo venerato in Egitto e ora totalmente scomparso da quella zona, è arrivato in Piemonte e nessuno sa veramente come ciò sia successo. C’è chi pensa che si tratti di individui sfuggiti da parchi o aree private e chi sostiene che si tratta di nuclei provenienti dal sud della Francia, dove gli ibis sono stati introdotti sulla fine degli anni ’90 del secolo scorso. Sta di fatto che nelle aree risicole del novarese e del vercellese questi uccelli pellicaniformi si sono adattati piuttosto bene trovando quell’ambiente ricco di acqua e fango che ripete, sebbene con temperature mediamente più basse, il contesto delle sponde del Nilo. Così è successo che da uccello tipico dell’Egitto l’ibis sacro sia diventato un animale caratteristico della pianura piemontese, dove si stima che ne esistano circa 300 esemplari e che la specie sia in forte espansione, anche perché non ha nemici abituali (notoriamente coccodrilli, pitoni, varani, e babbuini, che in Africa razziano i nidi degli ibis, in Piemonte non ci abitano, almeno per il momento). Il prezzo che l’ibis paga per soggiornare dalle nostre parti è puramente gastronomico: in Piemonte il nostro amico non ha più occasione di ghermire - è prevalentemente carnivoro - quei piccoli di coccodrillo, di serpente e di tartaruga marina che, in Africa, costituiscono una prelibatezza per il suo (non molto raffinato, come diremo in chiusura) palato.

Il secondo mistero è più romantico e affascinante, come tutto ciò che coinvolge l’antico Egitto. Nella religione egizia il dio Thot concentrava più cariche e onorificenze di un politico italiano: era il messaggero degli altri dei del pantheon egizio, il protettore della scrittura, della parola, della matematica, dell’astronomia, della magia e della medicina, il regolatore del tempo e dei cicli lunari, segretario del grande Ra e archivista delle sentenze divine e quant’altro. Bene, Thot veniva rappresentato in forma di ibis (e talvolta di babbuino). Tra tutte le cose che aveva da fare, Thot si occupava anche di stabilire se ogni egiziano che moriva avesse o meno diritto alla vita eterna: al momento del giudizio poneva una piuma di ibis sul cuore del defunto e, se il cuore era più pesante della piuma, al defunto era negata la vita eterna. Insomma, il povero volatile veniva caricato di una bella responsabilità, cui corrispondeva il non invidiabile privilegio di essere allevato, ucciso, imbalsamato e seppellito in prossimità delle abitazioni o dei cimiteri umani, in funzione di amuleto. C’è da dire che probabilmente questo culto per l’ibis (peraltro quasi tutti gli dei egizi venivano rappresentati in forma di animale) ha un’origine molto concreta: quando il Nilo si ritirava, serpenti e coccodrilli neonati invadevano i campi ancora allagati, e l’ibis, mangiandoseli, ne manteneva il numero sotto controllo.

Per altri versi l’ibis è un animale quanto mai ambiguo: si disseta solo con acqua cristallina (che i sacerdoti egizi correvano a infiascare per usarla nei loro riti) ma si nutre, tra l’altro, anche con le carogne di animali morti. Questa duplicità di comportamento suggerì al poeta latino Ovidio di pubblicare un poemetto in cui paragonava un tizio (di cui si ignora il nome), che prima gli era stato amico e poi l’aveva calunniato, proprio a un ibis. ‘Ibis’ è anche il titolo dell’opera, che peraltro gli esperti considerano di scarso valore poetico.

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