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lunedì 31 agosto 2015

Il calendario di Cometa di settembre 2015

La Val d’Aosta, dove è stato fotografato il camoscio del nostro calendario del mese, non è lontana ma possiamo incontrare questo timido ruminante molto più vicino: il Parco Nazionale della Val Grande ne ospita più o meno un migliaio, che vengono censiti regolarmente attraverso il lavoro congiunto di professionisti e semplici appassionati. In realtà tutta la catena alpina, sia in Italia che nei Paesi confinanti, è assolutamente piena di camosci (e non solo le Alpi: negli Appennini si trova una sottospecie particolare, la Rupicapra pyrenaica ornata).

Anche se lo si può trovare in alta montagna, soprattutto quando la temperatura è molto elevata, il camoscio predilige boschi e praterie a quote limitate, tra i 1.000 e i 2.500 metri di altezza, mantenendosi ai limiti dei nevai, spostandosi continuamente laddove è più facile trovare il cibo e muoversi - quando serve, fuggire - in libertà e sicurezza.

Il nostro amico cornuto (le corna, come nella capra e nello stambecco, a differenza di quelle dei cervi e dei caprioli, sono permanenti) ha abitudini sociali un po’ fuori dalla norma, a cominciare dal fatto di ignorare il concetto di famiglia. I maschi tendono a vivere da soli o in piccolissimi gruppi molto mobili sul territorio, le femmine, più gregarie, si organizzano in gruppi numerosi insieme ai loro piccoli, e spesso si insediano in aree scoscese. Quando arriva la stagione degli amori i maschi raggiungono i branchi delle femmine, fanno con coscienza il loro dovere biologico (preceduto da un opportuno corteggiamento non privo di una certa litigiosità tra aspiranti alla stessa damigella) e poi si allontanano nuovamente. L’unico legame stabile che si crea nella specie è quello tra madre e piccolo, che dura circa un anno, fino all’estro successivo; dopo di che il piccolo viene allontanato. Cercarsi una femmina e sedurla costa al maschio un notevole dispendio di energia, e ciò abbrevia la sua vita rispetto a quella della femmina (come succede in altri mammiferi e anche tra gli umani, anche se la causa non è sempre la stessa).

La popolazione di camosci è talmente numerosa (anche perché sono piuttosto longevi) che su di essi viene praticata la caccia di selezione. Possiamo trarre conforto da una leggenda diffusa nelle Valli di Lanzo, quando un camoscio ucciso da un cacciatore si trasformò nel Diavolo, scomparendo in una nuvola di zolfo. Molte sono le tradizioni alpine in cui il camoscio è identificato col Diavolo, ma non tutte punitive verso il cacciatore: così una fanciulla della Val Maggia fu trasformata in camoscio come punizione per i suoi facili costumi, e potrà riprendere il suo aspetto umano solo se un cacciatore le sparerà. Per trovare la leggenda più articolata e poetica dobbiamo espatriare in Slovenia e incontrare Zlatorog, il camoscio che si vendica del cacciatore abbagliandolo con le sue corna d’oro e facendolo cadere in un precipizio. Chissà mai che anche da noi …

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