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giovedì 31 maggio 2018

Il calendario di giugno 2018

Gli animali sanno distinguere il bello e il brutto?

Nel calendario del mese di maggio abbiamo tratteggiato un elemento fondamentale del rapporto tra l’uomo e le altre creature, ovvero il contributo che gli animali hanno dato allo sviluppo delle prime opere d’arte prodotte dall’essere umano. Abbiamo concluso - in estrema sintesi - che l’uomo è debitore verso gli animali della sua crescita artistica, ovvero del progressivo sviluppo della sua sensibilità estetica.

Questo mese vorremmo invertire il problema, ponendoci una domanda cruciale: gli animali possiedono una sensibilità estetica, una capacità di “distinguere il bello dal brutto” analoga ma autonoma da quella umana?

Una domanda che conduce fatalmente ad un’altra, ben più ampia: che cosa distingue l’uomo dagli altri animali, eccetto l’ovvia caratteristica di essere in cima alla catena predatoria?

Noi, amici degli animali, risponderemmo d’impulso che - al di là dell’aspetto fisico - non vi sono differenze tra la specie homo e le altre specie animali, se non per il fatto che talvolta l’uomo dimostra crudeltà che all’animale sono ignote*. Più complessa è la risposta della scienza, che parte dall’osservazione che la struttura della corteccia cerebrale (sede di attività quali pensiero, consapevolezza, memoria, attenzione, linguaggio) presenta differenze tra l’uomo e gli altri animali, quindi a lungo si è sostenuto che tali differenze impedissero agli animali di esercitare non poche delle funzioni e sensibilità caratteristiche dell’uomo. A ciò si è aggiunto il luogo comune antropocentrico, per cui quando pensiamo alle capacità e ai sentimenti, ci aspettiamo che - se queste esistono negli animali - siano analoghe a quelle umane, magari ridotte, ma non molto differenti.

E’ solo da pochi anni (sostanzialmente da Darwin in poi) che lo sviluppo di quella particolare disciplina chiamata etologia animale (di cui in Italia abbiamo avuto un grandissimo rappresentante in Danilo Mainardi, da poco scomparso) ha imposto una sempre maggiore chiarezza, stabilendo una quantità di ulteriori punti fermi, oltre a quelli ben noti legati al comportamento sociale e alla capacità di comunicazione, tra i quali**:

- gli animali di alcune specie sono talmente intelligenti da aver sviluppo la capacità di pensiero astratto (ovvero non “intuiscono” solo le cose percepibili con i sensi, ma anche concetti avanzati, come il valore del numero “zero”);

- gli animali di molte specie sono dotati di autocoscienza, ovvero consapevolezza di sé, e della capacità di identificare e percepire se stessi come singoli individui (tanto, per alcune specie, da essere in grado di riconoscersi allo specchio);

- gli animali di molte specie sono dotati di senso morale, ovvero sanno distinguere il bene dal male (gli elefanti, ad esempio, sono disposti a sospendere la ricerca del cibo per soccorrere colleghi in difficoltà. I coyote sono in grado di identificare gli individui che hanno comportamenti sleali e di metterli al bando);

- il processo di apprendimento e di trasferimento di ciò che si è imparato non è semplicemente qualcosa che ha a che fare con l’istinto, stampato nei geni, ma è sempre in atto e comporta immediato adattamento al contesto (le cornacchie esistono da ben prima delle automobili, ma ora hanno imparato che possono porre le noci sulla strada e aspettare che un veicolo di passaggio le spezzi);

- anche se per anni si è sostenuto che il senso della morte, il lutto per la scomparsa del proprio simile, fosse l’elemento di maggior differenziazione tra homo e i colleghi di altre specie, è stato assodato che molti animali vegliano i loro defunti.

E molto ci sarebbe ancora da dire, ad esempio sulla disponibilità a cooperare con l’uomo, sull’abilità dei cani e dei gatti domestici di “leggere” le espressioni umane e di comportarsi di conseguenza, sulla capacità di molti animali di cogliere situazioni divertenti e quindi di ridere (ciascuno a suo modo).

Se tutte queste capacità tipicamente umane sono presenti anche negli animali, che dire - per tornare al tema del calendario - del senso estetico?

Ebbene, la sensibilità artistica degli animali era già un fatto accertato da prima che nascesse l’etologia. Già alla metà dell’ 800 Darwin aveva ben compreso che i meccanismi di selezione (che trovano il loro fulcro nella riproduzione) sono compenetrati da criteri di scelta che premiano il valore estetico del partner.

Quindi i maschi si fanno belli per piacere alle femmine, e le femmine premiano il più bello accoppiandosi con lui. Naturalmente il “farsi bello” assume significati diversi per le varie specie: per i canarini è il trillo più armonico, per altri uccelli è la colorazione o la capacità di costruire un nido sicuro, per il leone è la criniera più fulva, per la gazzella la lunghezza del salto, per il ragno la precisione della tela, per altri animali le corna più lunghe, il ruggito più forte e via dicendo. Ma ogni maschio si adopera per essere più appariscente degli altri corteggiatori, e farsi perciò apprezzare dalle femmine.

La conclusione è che la nascita dell’estetica precede (e di molto) la nascita dell’uomo.***

Insomma: un altro debito che abbiamo verso i nostri amici.

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* non è sempre vero: si pensi al surplus killing praticato dai mustelidi e spesso dagli stessi civilissimi lupi, ai delfini che uccidono le focene per puro divertimento, ai maschi di lontra che violentano i piccoli di foca fino ad ucciderli, e gli esempi potrebbero continuare

** la progressiva raccolta di questi risultati ha condotto un gruppo di scienziati - tra cui Stephen Hawking -  a stilare, nel 2012, la “Dichiarazione di Cambridge sulla coscienza”, che afferma che molti animali sono coscienti e consapevoli allo stesso livello degli esseri umani. La si può leggere
qui

*** chi volesse approfondire il tema può leggere l’interessante articolo del filosofo Wolfgang Welsch “L’origine animale dell’estetica” che può essere trovato in forma integrale e traduzione italiana
qui

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